La buzza di Biasca: uno tsunami alpino.
30 settembre 1513: una enorme scarica di detriti scende dal Monte Crenone interrompendo il fiume Brenno. Nei due anni successivi a monte della frana si alzerà un lago in continua crescita che raggiunge una lunghezza di 5 chilometri e una profondità di più di dieci metri ingoiando, progressivamente, Malvaglia. Fino ad un giorno non ben precisato del maggio 1515, in cui…

Maggio 1515: un’ondata delle acque del lago nato dalla frana, comincia a tracimare. Da lì, in pochi minuti, gli argini cedono e come un vero e proprio tsunami
l'ondata investe tutto il corso della valle, da Biasca fino al Lago Maggiore,
travolgendo ogni cosa, uomini, paesi, case, devastando un paesaggio che da quel giorno cambiò radicalmente.
Centinaia furono i morti, finirono devastate tutte le coltivazioni, la zona fu investita da una miseria che si protrasse per anni e che si sommò a quella portata nel ducato milanese dalle prime invasioni estere, francese e lanzichenecche.
Simbolicamente la corrente distrusse il ponte murato che interrompeva la valle e univa i castelli di Bellinzona. Era stato rafforzato solo un decennio prima da Ludovico il Moro, e questo episodio sancì ancor più quanto ormai il Ducato fosse uscito dal dominio dalle terre ticinesi, che già da due anni erano autonome da Milano grazie al dono fatto dai Francesi ai cantoni, allo scopo di tenere “buone” le milizie elvetiche.
Persino a Leonardo, grande estimatore delle terre
Bellinzonesi che aveva visitato anni prima, giunse la voce della devastazione della buzza.
Va annotato che ormai da tempo gli abitanti erano preoccupati da quel lago incombente, e erano partiti, ben pagati, dei lavori di “ingegneria” per provare a fare scendere il
livello delle acque da parte del magister milanese Balestrerio, convocato
dalla popolazione di Malvagia. All'epoca del disastro, i lavori erano iniziati da appena un mese.
Difficile pensare che questi
interventi contribuirono al disastro, ma la combinazione è certo curiosa e non sfuggì agli
abitanti di Biasca che fecero causa alla Comunità di Blenio per aver provocato
il cedimento usando sia arti meccaniche che “stregonesche”.
La causa fu persa, ma la disputa rimase comunque accesa. e il ricordo della tragedia si accumulò nell'immaginario ticinese per secoli.
Le tracce del disastro, a leggere il territorio, dalla frana al corso della valle, ancora si possono trovare, a dire quanto la cicatrice della buzza sia ancora profonda...